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Morsi di morte e altre tanatologie

di Gianfranco Palmery

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Morsi di morte
e altre tanatologie

 

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Gianfranco Palmery

 

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Collana Spillature

Gianfranco Palmery
Morsi di morte e altre tanatologie
In copertina un dipinto dell'autore
2010 Pagine 40 Euro 4,00

ISBN 978-88-89299-63-0

 

Morsi di morte di Gianfranco Palmery

La morte non è un tema – è l’argomento capitale, il punto della questione: riconosciuta un tempo, non sciocco e vile, come la sostanza della vita, se «mortale» era un sostantivo e diceva la nostra sostanza, indicava il genere... Oggi quella parola è appena un aggettivo, sottomesso nell’uso alla banalità o alla retorica.
Morsi di morte è un dialogo, o piuttosto un monologo a due voci, in prosa e in versi; voci che concordano o discordano, a partire da una verità condivisa: un’idea impaurita, impettita di decenza ha nascosto quella vergogna e l’ha resa impronunciabile.
Il borghese, diventato disinvolto col sesso, ha lasciato tutto lo sporco alla morte – per la quale, del resto, non esiste un contraccettivo efficace...
Così è la morte, non il sesso e la sua sfrontatezza, lo scandalo insuperato, l’ultimo possibile. E scandalosamente di lei si parla in queste pagine, che oltre al dialogo, con un paradossale ditirambo per interludio, ospitano brevi brani dolenti e sagaci che smascherano l’inganno consumato in nome di uno stolto vitalismo.


da Morsi di morte

La conoscenza della carne è un’esperienza; quella dello scheletro è una nozione. Sono questi i primi limiti del nostro rapporto con la morte, che avrà perciò sempre qualcosa di imparato e di pauroso.

*

Nutriremo fino alla morte i germi e i batteri che combattono nel nostro corpo permettendone la vita; così come alleviamo a vita le muffe e i funghi che provvederanno a farlo sparire dopo la morte.
Ecco l’ironia di tutte le nostre distinzioni tra bene e male, vita e morte: il grappolo parassitario.


*
Che bella astrazione la Morte, che consolatoria allegoria! Quello scheletro falcato e quel tripudio di ossami che hanno ossessionato l’arte nei secoli, non sono che un brivido di affrancamento, un assillo risolto – e non rimosso – esteticamente. Alla fine, tutti i «memento mori» dell’arte si traducono in emozione estetica; il pensiero della morte, in gloria della forma.

Edizioni Il Labirinto