Alessandro Ricci I cavalli del nemico
2004 Pagine 128 Euro 12,00
ISBN 978-88-89299-28-9
Domina un senso di derelizione e di resa in questi versi
di Alessandro Ricci o, se si vuole, di risentito distacco: una rastremata
coscienza del niente che tutto riduce, pure in certe persistenti turbolenze
di storia personale, a una slontanante spettralità...
Che passi in rassegna piante e oggetti della terrazza familiare, forme
evanescenti o già svanite dalla memoria, o che sogni la ciurma
furiosa e disfatta di una nave fantasma, nella cronaca dei giorni come
nellallegoria, la poesia di Ricci è affascinata dalla fine.
Sarà anche per questo che il suo tempo è il passato: il
presente è vissuto, e visto, nel suo istantaneo farsi passato
lasciato passare , mentre il passato più remoto può
divenire il suo presente, suscitazione o maschera, evocazione o perdita
di sé.
Una residua superstizione della vita riversata in incontri ironici,
eroiche scorribande per Roma o nella lunga marcia memoriale verso Garessio
«sua patria» porta sempre con sé unavversaria
ombra di mortificazione, che si traduce in piccoli assaggi, o prove di
morte: la propria, quotidiana e futura, e le altrui al passato, patite
o spiate con vesti di scena. Morti segnate da pallori e cruori: il sangue
che rifluisce dal viso di Cavalcanti sbiancandolo, o fluisce dalle ferite
di Giuliano lApostata, tingendo di vermiglio la sua ultima sera
, le morti per sfinimento di Lucrezio e di Leopardi... Sono morti
fraterne, rivissute da sosia, ovvero le morti parallele dello scrivente...
«Capita allo scrivente di sognare precipitose discese del tempo,
alla fine arrestandosi in un giorno solo, antico o antichissimo»
annota in margine a una poesia; e da quel giorno unico, antico o antichissimo,
in cui è capace di precipitare la sua storia o di specchiarla in
altri destini, fa arrivare la sua voce, una eloquenza elusiva e diretta
insieme, spesso brusca, spesa per disdire. Questa voce che si insinua,
affabula, interroga, inquisisce, con delicatezza e acribia, restando al
fondo refrattaria, distante, e dietro disdette e disperanze lascia indovinare
ferite di desideri impediti, ci cattura nel suo controsenso insolubile:
lo spaesamento adolescenziale e il millenario disinganno.
da I cavalli del nemico
Le condivise bellezze
I solissimi occhi dellunica
Afrodite celeste che proprio te
(proprio te?) un tempo così breve
ritenesti guardassero per
infinitamente parlarti, i ventri bui
di tutte, tutte le altre, veneri forse
non meno desiderate, comunque e
indecentemente protese per ogni altro
e per nulla, proprio nulla
ridirti poi, quellUna e queste
un mucchio di false
o nomadi promesse, loro esclusivi
ennesimi esatti
sequestri e dimenticanze
non oltre lo sfogo e
il compimento dellatto, cui forse
ti credesti complice almeno un po
[...]
Recensioni
PERI CAVALLI DEL NEMICO
di Francesco Dalessandro
da «Capoverso», 11, gennaio-giugno 2006
[...] La peculiarità della poesia di Alessandro Ricci,
ha scritto Fabio Ciriachi («l’Unità», 14/7/2004),
«non è nello sviluppo per crescita ma nell’accumulo,
che in termini creativi corrisponde alla difficile arte della variazione».
È vero. «Ogni anima bassa / come quella che ho scrive non
una, / ma due al massimo / cose buone, poi le ripete / male e in fine
/ la smette, senza avere / vissuto mai», leggiamo ne I titoli
degli altri. Pochi temi, gli stessi della grande poesia di sempre,
ripetuti e variati. [...] (per la recensione
completa)