Jude Stéfan Alma Diana
A cura di Gianfranco Palmery
In copertina un dipinto di Ruggero Savinio
2000 Pagine 104 Euro 12,00
ISBN
978-88-89299-22-7
Come in quel secolo che non poco lo riguarda, il Cinquecento,
due anime convivono e contendono nella poesia di Stéfan: classicismo
e manierismo (o già barocco); atticismo e asianesimo: lessenziale
e il turgido, il netto e loscuro, i fulgori della carne e il buio
Niente: Idylles e Cippes.
Un Cinquecento che non è solo quello di Scève e Louise Labé
presenze tutelari e dedicatorie, volute in epigrafe ad Alma
Diana; ma è anche il secolo di Bruno, di Speroni teorizzatori
della violenza amorosa sulla lingua, dello sregolamento linguistico come
effetto (o equivalente) della forza perturbatrice dAmore: quel «furore»
che qui resiste, ormai diseroicizzato...
Vi è in Stéfan, persistente, la petizione dellimproprietà,
o piuttosto dellesproprio: un espropriante uso proprio della lingua
(ma anche, a rovescio, un suo appropriato uso improprio).
In poesia si tratta di restituire alla lingua la sua proprietà,
quella proprietà che viene sempre insidiata, offuscata dallutile,
dalla convenzione: ciò che si conviene e ciò che conviene
il lessico quotidiano come il gergo poetico corrente. Un poeta
può essere un discordante strumento, se attraverso di lui opera
la più profonda sapienza medica della lingua. Così è
in queste poesie di ex amore, effemeridi su una Diana contemporanea stilate
da uno tra i primi poeti francesi doggi.
da Alma Diana
VII
Come la madre il suo bambino così
io ti spoglio ma molto lentamente.
Messe a nudo le braccia le bacio del tuo
petto scoperto in riverenza; cadono
quindi la gonna e le sue gale
alle tue gambe adorate fedeli. Allora
io spargo i tuoi capelli tu liberi
la gola sfilandomi fibbie e anelli
per una carne più pura con le tue fini
dita premi i miei occhi indociliti.
Se giaci se guerreggi a turno muti
e gementi alla messa dei corpi ci comunichiamo
con lostia delle lingue e delle labbra
(Traduzione di Gianfranco Palmery)
Recensioni
VERSI ALLA DEA DEL VUOTO
di Sauro Albisani
da «Pagine»
[...] Cè un preciso tono teatrale nel dettato
di Stéfan (ribadito dalla frequenza del vocativo, singolare o plurale),
a significare che la commedia della vita si rappresenta al cospetto della
morte, e infatti quella che nella sua poesia suona come una meditazione
sulla morte è piuttosto una rappresentazione della stessa.
Teatro in gramaglie, la poesia di Stéfan mette in scena il ratto
dellanima. [...] (per la recensione
completa)