Il
sogno e altri pezzi domestici
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Francesco
Dalessandro legge Byron / da Il sogno e
altri pezzi domestici 0'52
Notizie sullautore
George Gordon Byron
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Shakespeare
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Collana Grandi Tarsie
Testo originale a fronte
George Gordon Byron
Il sogno e altri pezzi domestici
Traduzione di Francesco Dalessandro
Con dieci disegni di Nancy Watkins
2008 Pagine 96 Euro 10,00
ISBN 978-88-89299-52-4
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Se Shelley teorizzava il poeta come «legislatore
segreto», Byron con le sue opere e i suoi gesti – il gran
teatro di sé, il variopinto caravanserraglio di domestici, medico
personale, cani e altre specie con cui attraversava l’Europa –
è stato il legislatore manifesto: un legislatore paradossale, provocatorio
e vibrante, come il suo primo discorso alla Camera dei Lord – un
ribelle, un eslege che affascinava con i suoi versi e i suoi eroi «normativi»
quanti non osavano sottrarsi al giogo delle regole correnti.
È difficile dire quanto di un poeta che è stato così
noto e apprezzato e di così grande influenza, sia ancora leggibile
oggi. Certo è che il byronismo come un veleno vitale è corso
nelle vene di poeti europei e americani – basti pensare a Poe, a
Baudelaire – anche se nei loro versi si trova filtrato in più
elaborate quintessenze.
È probabile però che nelle liste del lettore contemporaneo
i poemi epico-lirici di esorbitante egotismo e eroismo sublime, quali
il Childe Harold o il Manfred non siano inclusi; mentre
con più sicura fortuna possono trovarvi posto il poema epico-ironico
Don Juan e, in modo speciale, gli Occasional Pieces
e i Domestic Pieces, i quali non sono altro che le non poco numerose
e spesso mirabili poesie brevi che hanno costellato le grandi composizioni:
quelle dove il poeta ha fatto scialo di maschere e panneggi, moltiplicando
voci e registri, per rivelarsi celato nei suoi eroi pseudonimi.
Non che nei pezzi d’occasione e domestici, che sono il cuore di
questa scelta, Byron sia senza maschera: Byron era sempre in maschera,
c’è in lui una coincidenza fatale di maschera e volto. Del
resto, come in altri autori-attori (D’Annunzio, Pasolini...), la
sua poesia appare quasi un’estensione della recita mondana. La differenza
è che qui egli recita se stesso.
Amore e morte sono i temi di questi versi, tradotti con pari empatia e
perizia da Francesco Dalessandro: un amore infelice e infedele, secondo
il canone byroniano, e una morte che insidia nome e gloria e si estende
a una immaginata, immaginifica fine del mondo – quella Tenebra
cui oggi potremmo perfino riconoscere una luce di profezia.
da Il sogno
Così, più non faremo i vagabondi
I
Così, più non faremo i vagabondi
fino a tardi, la notte,
benché il cuore sia sempre innamorato
e sempre risplenda la luna.
II
Poiché la spada il fodero consuma
come l’anima il petto,
per respirare vuole quiete il cuore
e aver riposo amore.
III
Se anche la notte è fatta per amare
e troppo presto fa giorno,
noi non andremo più intorno
vagando al chiar di luna.
(Traduzione di Francesco Dalessandro)
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