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Recensioni del libro

Bambina mattina

di Domenico Adriano

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Bambina mattina

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Domenico Adriano

 

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Recensioni del libro Bambina mattina di Domenico Adriano

 

BAMBINA MATTINA

di Alberto Cappi

Ci sono libri che paiono non avere data. Uno di questi è Bambina mattina di Domenico Adriano nelle edizioni Il Labirinto. I disegni di Milla e un gioco verbale di Yurika Nakaema accompagnano il testo. Poesia bambina, ludus del rompicapo dell’infanzia, giostra di semovenze d’incanto, le brevi liriche danzano e fanno corona a gesti, moti, stupori, sillabazioni primigenie e in ogni caso originanti. Siamo accanto a un atto di linguaggio che inscena affetto e domanda sullo sporgersi dell’essere.

«La Voce di Mantova», 15 gennaio 2004


BAMBINA MATTINA

di Rodolfo Di Biasio

È libro aurorale Bambina mattina di Domenico Adriano comparso da poco nella prestigiosa collana Tarsie delle Edizioni Il Labirinto. Porta il numero tredici e va a porsi accanto agli altri dodici volumetti che hanno inciso un loro segno nel panorama della poesia italiana contemporanea almeno per una duplice ragione: la scelta dei poeti che è stata sempre rigorosa e la stampa che è accuratissima, indizio di una dedizione rara, desueta, messa da parte o per troppa fretta o per disabitudine alla bellezza. È libro aurorale, si diceva, Bambina mattina, perché la raccolta è il canto intonato da un padre-poeta (Adriano ha già pubblicato La polvere e il miele nel 1977, Nove nel 1988 e Bella e Bosco nel 1995) per la sua prima figlioletta dal momento del suo concepimento («penso al semino che ora / è la sua anima...») alla sua nascita, dai primi intatti incantamenti («somiglia a una rondinella, i capelli / neri sottili dell’Oriente – al nido / vengono tutti a vederla...») alle sue prime sillabazioni, al suo primo entrare in contatto col mondo, il mondo minuscolo e insieme incommensurabile che appartiene a ogni bambino.
Nel libro ogni lirica diventa evento, luminoso e numinoso. Così il poeta rievoca il miracolo del risvegliarsi della parola:

Hai detto nga, ma e bu
con la mamma a scuola di lallazione.
Prima dalle tue labbra fuggiva
solo un vento leggero.
Provi riprovi ora senza stancarti
ogni mattina quando
la casa tace
il tuo abbecedario.

Oppure ci dice la fascinazione della luce scoperta dalla bimba e insieme il gorgo di latte materno di cui lei ogni volta si ubriaca:

La luce
la attrae per prima, ma un attimo
dopo non c’è voce
che tenga non vede più:
un buco le si è aperto dentro e sta
come su un precipizio.
Ingoia e ingoia, la nutre
e l’ubriaca un latte
precipitoso, una nebbia
densa deve attraversare
per tornare alla luce
che tanto la attrae.

Così il padre-poeta e la madre si smemorano di fronte alla bimba (Ludmilla è il suo nome e significa «amata dal popolo»), il tempo per loro è il loro sguardo che contempla e si fonde con quello di Ludmilla:

[...]
Il nostro tempo è guardarla,
ininterrottamente
con gli occhi interrogando
la sua buddità, per vedere
come possa vivere
cibandosi di viole.

Sono riuscito con le due o tre liriche riportate a dire l’unicità di questo libro? O debbo aggiungere che la silloge non è solo opera di Adriano, ma che concorrono a crearla da una parte anche i versi che appaiono a mo’ di dedica:

Bambina mattina
sul dito una perlina
c’è un lupo alla finestra
il bosco è tutto in festa

scritti dalla madre, Yurika Nakaema, anche lei poeta, e dall’altro quattro disegni, straordinari disegni, che lei Ludmilla ormai bimba di tre anni ha tracciato con mano così sicura che l’editore ha preteso che fossero proprio i suoi disegni ad accompagnare il libro che dice della sua nascita e della sua crescita?
Un libro quindi tutto tramato di domestiche risonanze, di legami affettivi, di corrispondenze che il padre-poeta ha voluto scrivere con la leggerezza e la profondità che è della poesia.

«America Oggi», 20 aprile 2003

 

 

Edizioni Il Labirinto