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Marco Caporali

Sono nato a Roma il 9 maggio 1956. Per seguire mio padre, ufficiale dell’esercito, da bambino mi trasferii con la famiglia a Monaco di Baviera, frequentando malvolentieri e per breve tempo l’asilo, a Vercelli (prima elementare) e a Torino (prima media). Nel 1968, anno della morte di mio padre, mi stabilii a Roma con mia madre e mia sorella. Allora mia madre, diplomata in pianoforte, iniziò a lavorare insegnando musica nelle scuole.
Il ginnasio fu assai burrascoso, tra contestazione e difficoltà nello studio. Frequentavo il liceo Tasso e mi dedicavo per lo più alla politica. In seguito, grazie a un amico, Vittorio Papi, cominciai a scrivere versi. Era l’autunno del 1977. La scoperta della poesia coincise con l’abbandono della militanza politica e con più avventurosi e accidentati percorsi.
A lungo restai allo stato selvaggio, quasi nulla sapendo dei miei contemporanei e del passato letterario. All’università sostenni degli esami d’indirizzo antropologico, molto irregolarmente, preferendo viaggiare e dedicarmi ad altre esperienze.
Fu un’amica brasiliana, Thais Corral, a farmi riavvicinare alla facoltà di Lettere. Con lei traducevo poesie di Carlos Drummond de Andrade, a cui spedimmo le nostre versioni. Ci rispose lodando la nostra generosità. Sostenni l’esame di letteratura brasiliana e varcai la soglia di Italianistica, dove incontrai Biancamaria Frabotta, partecipando a un suo seminario su Pascoli e facendole leggere le mie poesie. Con lei mi laureai, nel dicembre del 1986, scrivendo una tesi su «Variazioni e ripetizione nella raccolta Il buio di Bartolo Cattafi».
Intanto insegnavo italiano a stranieri in scuole private e nei programmi di cooperazione dell’Iri con paesi in via di sviluppo. Iniziai a pubblicare le mie poesie su riviste: «Fiera», «Arsenale», «Salvo Imprevisti», «Tam Tam», «Oceano Atlantico», «Next», «Linea d’Ombra», «Poesia», «Ritmica». Man mano che pubblicavo, prendeva corpo la raccolta Il mondo all’aperto, che avrebbe visto la luce nel 1991, presso la casa editrice Empirìa di Roma. A introdurla fu Elio Pagliarani, di cui avevo seguito un laboratorio e che conosceva da tempo la mia poesia. Ne Il mondo all’aperto inserii, nella sezione omonima che ne costituisce il nucleo originario, poesie dei primi anni di scrittura, quasi sempre riviste, salvandone magari solo pochi frammenti. Con Il mondo all’aperto vinsi, ex aequo, il premio Mondello 1992 per l’opera prima. In quegli anni lavoravo come critico teatrale a «l’Unità», soprattutto nella pagina romana, dove conobbi Enrico Gallian che realizzò il disegno di copertina del libro. Collaboravo con articoli letterari anche ad altri periodici. Riprendendo a occuparmi di Cattafi, di cui avevo curato per «Arsenale» (n.7-8) la pubblicazione di inediti (ricevuti dalla moglie Ada), intervenni fra l’altro su «Poesia» (n.27) e «Pagine» (n.23). I primi passi nel giornalismo e nella critica letteraria li avevo mossi su «Il Manifesto» e «Reporter».
Lavorando come critico teatrale, incontrai a Salerno l’Odin Teatret. Rimasi profondamente colpito dagli spettacoli Itsi Bitsi e Memoria. Eugenio Barba mi invitò a Holstebro, in Danimarca, dove seguii il lavoro preparatorio dello spettacolo Kaosmos, trascorrendovi diversi periodi. Da quell’esperienza nacque Cronistoria di Kaosmos, un saggio pubblicato su «Teatro e Storia» (il Mulino, Bologna 1995). Nel corso del processo di lavoro avevo scritto un testo teatrale incentrato sulla figura di Martin Lutero e sulla guerra dei contadini. Avevo creato un testo basandomi sulle azioni senza parole degli attori, nella prima fase di Kaosmos, quando ancora si improvvisava senza testo. Da quella prima stesura estrapolai materiali per Cose future, un’opera teatrale sulla Passione di Gesù commissionatami più tardi da Marcello Sambati, rappresentata nella chiesa di san Pietro a Tuscania il Venerdì Santo 1998, con regia di Sambati, musiche di Ambrogio Sparagna e attori del laboratorio e del centro diurno locali. Il testo fu pubblicato nelle edizioni di Tuscania Teatro e in seguito inserito ne Il silenzio venatorio (libro edito da Empirìa nel 2001, nella collana di Poesia & variazioni diretta da Daniela Attanasio). Oltre a Cose future, ne Il silenzio venatorio figurano variazioni da Søren Kierkegaard, una traduzione della decima elegia di Kerrisdale di George Bowering e il poemetto La gara dei presepi, scritto a Contigliano, in cui vissi per un periodo, nei pressi del santuario francescano di Greccio, sfondo e spunto del poemetto.
In Danimarca ci ero già stato diverse volte, a partire dal 1981, quando vi trascorsi alcuni mesi lavorando in una piccola fabbrica gestita da un italiano (Dino’s toast) e consegnando giornali agli abbonati. Già ne Il mondo all’aperto figurava una serie di quattro poesie con il titolo Motivi danesi. Nel 1996 decisi di riunire le poesie sulla Danimarca in una plaquette, Motivi danesi, pubblicata a Roma nelle edizioni d’arte Il Bulino, con due maniere nere di Giulia Napoleone. Avevo iniziato da poco a insegnare Lettere nella scuola media, lasciando definitivamente il giornalismo dopo un breve ritorno a «l’Unità», con cui avevo interrotto le collaborazioni nell’estate del ’92, al tempo del primo soggiorno a Holstebro presso l’Odin Teatret. Nuove poesie uscirono su riviste come «Lengua», «Galleria», «Inchiostri», «Pagine», e anche traduzioni da poeti danesi (Henrik Norbrandt, Søren Ulrik Thomsen, Thorkild Bjørnvig). Una mia traduzione (in collaborazione con Michele Melega) di poesie di Laus Strandby Nielsen era uscita per Empirìa nel 1993 con il titolo Ridere a mezzogiorno.
Nell’estate del 1998 abitai nell’isola di Samsø, in Danimarca, in quella che era stata la casa del pittore Svend Bagger. Scrissi una ventina di poesie ispirate ai suoi quadri, raccolte nella plaquette Casa Bagger (Il Labirinto, Roma 2003) con quattro incisioni del pittore, donatemi dalla figlia Goje insieme ad altre che ho esposto nel maggio del 2004 alla biblioteca universitaria Alessandrina.
All’Odin Teatret ho conosciuto Pia Henningsen, la mia attuale compagna, e il 1° settembre 2000 è nata nostra figlia Olga. Insieme abbiamo vissuto ad Anticoli Corrado, dove ho insegnato per alcuni anni, a Bornholm, isola danese nel Baltico, e ora siamo a Roma, tornando in Danimarca ogni volta che possiamo. 


Libri

 

Versi

Il mondo all’aperto, Empirìa, Roma 1991 (Premio Mondello Opera prima).
Motivi danesi, Il Bulino, Roma 1996 (con due maniere nere di Giulia Napoleone).
Il silenzio venatorio, Empirìa, Roma 2001.
Casa Bagger, Il Labirinto, Roma 2003 (con quattro incisioni di Svend Bagger).
Alla fine del solco, Empirìa, Roma 2007.

 

Teatro

Cose future, Tuscania Teatro 1998.

 

Traduzioni

Ridere a mezzogiorno di Laus Strandby Nielsen, Empirìa, Roma 1993 (in collaborazione con Michele Melega).

 

Bibliografia critica

Biancamaria Frabotta, «Il Corriere della Sera», 9 febbraio 1986.
Enrico Gallian, Marco poeta e il senso delle parole urgenti, «l’Unità», 21 maggio 1989.
Elio Pagliarani, Il mondo all’aperto, Empirìa, Roma 1991.
Pietro Treccagnoli, Versi in bilico, «Il Mattino», 1 ottobre 1991.
Enrico Gallian, Il mondo aperto di Caporali nel «boudoir» del verso poetico, «l’Unità», 29 Ottobre 1991.
Gianni D’Elia, Aspri, ambigui ragionamenti in forma di versi, «l’Unità», 4 novembre 1991.
Elio Pecora, Fra sofferenza e sentimento dell’esistenza, «La voce repubblicana», 30 novembre 1991.
Biancamaria Frabotta, La supremazia della vertigine nella poesia di Marco Caporali, «Galleria», settembre-dicembre 1991.
Silvio Ramat, «Il Corriere della Sera», 26 gennaio 1992.
Stefano Giovanardi, «RadioTre», gennaio 1992.
Tommaso Di Francesco, In bilico sullo spazio, la goccia in un verso, «Il Manifesto», 10 aprile 1992.
Francesca Pansa, La doppiezza dello scrivere e del vivere, «Quigiovani», 23 aprile 1992.
Renato Minore, «Il Messaggero», 17 giugno 1992.
Paola Febbraro, Il mondo all’aperto di Marco Caporali, intervista, «Next», inverno 1992.
Alberto Toni, «Poesia», n.51, maggio 1992.
Vittorio Papi, Il mondo all’aperto, «I quaderni del Battello ebbro», n.9-10-11, aprile 1992.
Luigi Amendola, «l’Unità», 7 settembre 1992.
Maria Luisa Spaziani, motivazione del premio Mondello, 14 novembre 1992.
Pino Corbo, «Galleria», gennaio-aprile 1993.
Nicola Merola, «L’Indice», luglio 1993.
Stefano Arduini, L’incerto equilibrio, «Pelagos», luglio 1993.
Giovanna Sicari, «Poesia», n.105, agosto 1997.
Bianca Di Giovanni, I versi danesi di Caporali al setaccio della memoria, «Mattina», 10 dicembre 1997.
Stefano Crespi, «Il Sole-24 ore», 9 agosto 1998.
Biancamaria Frabotta, «Inchiostri», n.2-3, gennaio-agosto 2000.
Daniela Attanasio, in Il silenzio venatorio, Empirìa, Roma 2001.
Maurizio Cucchi, «La Stampa web», 13 settembre 2001.
Franco Buffoni, «Testo a fronte», n.26, giugno 2002.
Paolo Febbraro, in Poesia 2001, Annuario a cura di Giorgio Manacorda, Cooper & Castelvecchi, Roma luglio 2002.
Matteo Marchesini, in Poesia 2002-2003, Annuario a cura di Giorgio Manacorda, Cooper & Castelvecchi, Roma 2003.
Biancamaria Frabotta, «Poeti e poesia», n.1, maggio 2004.
Marco Palladini, «Pagine», n.41, maggio-agosto 2004.
Francesca De Sanctis, Casa Bagger, quadri da raccontare, «l’Unità», 2 luglio 2004.
Franco Buffoni, «Trame di letteratura comparata», anno IV, n.8/9, 2004.
Paola Malavasi, Casa Bagger, «Poesia», n.191, febbraio 2005.
Paolo Febbraro, in Poesia 2005, Annuario a cura di Giorgio Manacorda, Castelvecchi, Roma 2005.
Idolina Landolfi, Casa Bagger, «Stilos», supplemento di «La Sicilia», 15 febbraio 2005.

 

 

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