Arsenale
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Arsenale
Rivista
trimestrale di letteratura
Numeri 0-12
1984-1987
ISSN
0393-8263
Fascicolo
singolo Euro 10
Fascicolo doppio Euro 15
Serie completa Euro 80
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Editoriali
Numero Zero
«Quale ne l'arzanà...»
Dante
Perché Arsenale? Possiamo riconoscerlo:
perché la parola ci piace. Gli speciali significati che essa porta
con sé sono stati una conferma per la nostra scelta. Come ogni
buon dizionario riferisce, e liberamente citiamo, questa parola indica
innanzitutto i grandi impianti quei locali risonanti e affocati
dove si costruiscono e riparano le navi; nelluso corrente,
le è proprio anche il senso di fabbrica o deposito darmi
e munizioni; più estesamente siamo a valori metaforici
è un luogo dove si raccolgono in quantità cose di vario
uso; infine, o piuttosto allinizio, nella sua forma originaria (e
quasi «nome segreto»), arsenale, che viene dallarabo
«dar as sina a», vuol dire «la casa del mestiere»,
«la casa dellarte».
In quali di questi significati, beninteso traslati, si riconosce e si
propone la rivista? In tutti certamente, o meglio nella loro contraddittoria
unità; poiché progetto e fuoco, caos e costruzione, tecnica,
sono concetti che vanno tenuti bene in mente apprestando un periodico
di letteratura che non vuol essere espressione duna tendenza.
Arsenale sarà un luogo di confronto. Confronto
con la tradizione o con le varie tradizioni , e confronto
con quelle, e tra loro, delle tendenze della contemporaneità, esteso,
va da sé, ad altre letterature. Sicché vi appariranno riproposte
di autori del passato, recuperi di testi in ombra o dimenticati (né
mancheranno scoperte singolari e curiosità), e, naturalmente, lavori
nuovi, di scrittori italiani e stranieri, con particolare attenzione agli
autori giovani. La presenza, accanto alle opere letterarie, di opere artistiche
non avrà solo un valore illustrativo. Vorremmo che si ristabilissero
quei rapporti fruttuosi, quel vitale contagio, che altre età hanno
conosciuto, tra letteratura e arti figurative.
Dunque, tendenze diverse, o diremo autori diversi, a confronto. Tra tutte
le ragioni cui ci si potrebbe riferire, ci accade di pensare alla contraddizione
come a una via per la totalità; ma è anche vero che le parzialità,
le insofferenze hanno spesso laria di sgarbi di dannati, ostilità
da penitenziario, in un tempo che nega alla letteratura un ruolo, o appena
la recluta ai margini del Gran Spettacolo, purché rispolveri una
sua veste giullaresca.
Poniamo del resto con tranquillità un nostro postulato: la poesia
come forma di conoscenza. Se i testi propriamente creativi ne costituiranno
la prova dal vivo, alla riflessione critica nelle specie
del saggio o del dibattito spetterà il compito di esplorarne
le possibilità e i limiti, oltreché di analizzare i rapporti
tra letteratura e altre forme di conoscenza (arte, filosofia, religione).
Ma non trascuriamo di dichiararlo: disponibili al problematico e al molteplice,
non rinunciamo affatto ai risultati. Questi soprattutto ci stanno a cuore.
Altro non si può dire; e forse questo è
già troppo: ha già della rigidità del programma,
dellintento impettito. In realtà ci sentiamo mutevoli, e
vediamo intorno a noi tutto segnato dal mutamento senza che tuttavia
nulla muti davvero... Così si tratterà alla fine di studiare
e rappresentare il mutamento o, come dice il filosofo, «dipingere
il passaggio» , che è forse quanto di più proprio
e di più alto si possa chiedere a una rivista letteraria.
(Gianfranco Palmery)
«Arsenale», Numero Zero, ottobre-dicembre 1984
Numero Sette-Otto
Archivio
PREPARATIVI DI VIAGGIO
Nelleditoriale apparso nel numero zero (ottobre-dicembre
1984) si possono trovare ragguagli su alcuni dei principali intenti e
caratteri di «Arsenale», a cominciare proprio dal nome:
«Come ogni buon dizionario riferisce, e liberamente citiamo, questa
parola indica innanzitutto i grandi impianti quei locali risonanti
e affocati dove si costruiscono e riparano le navi; nelluso
corrente, le è proprio anche il senso di fabbrica o deposito darmi
e munizioni; più estesamente siamo a valori metaforici
è un luogo dove si raccolgono in quantità cose di vario
uso; infine, o piuttosto allinizio, nella sua forma originaria (e
quasi nome segreto), arsenale, che viene dallarabo dar
as sina a, vuol dire la casa del mestiere, la
casa dellarte.
In quali di questi significati, beninteso traslati, si riconosce e si
propone la rivista? In tutti certamente, o meglio nella loro contraddittoria
unità; poiché progetto e fuoco, caos e costruzione, tecnica,
sono concetti che vanno tenuti bene in mente apprestando un periodico
di letteratura che non vuol essere espressione duna tendenza.
Arsenale sarà un luogo di confronto. Confronto con
la tradizione o con le varie tradizioni , e confronto con
quelle, e tra loro, delle tendenze della contemporaneità, esteso,
va da sé, ad altre letterature. Sicché vi appariranno riproposte
di autori del passato, recuperi di testi in ombra o dimenticati (né
mancheranno scoperte singolari e curiosità), e, naturalmente, lavori
nuovi, di scrittori italiani e stranieri, con particolare attenzione agli
autori giovani. La presenza, accanto alle opere letterarie, di opere artistiche
non avrà solo un valore illustrativo. Vorremmo che si ristabilissero
quei rapporti fruttuosi, quel vitale contagio, che altre età hanno
conosciuto, tra letteratura e arti figurative».
Si potrebbe seguitare a citare dalleditoriale,
ma prima va detta qualche parola di commento, o chiarimento. Questa esigenza
del confronto viene dalla consapevolezza che ci troviamo in un momento
di necessaria riflessione critica. Nonostante tutta leffervescenza
e la fioritura di poesia e di iniziative intorno alla poesia vitalità
di superficie la situazione di fondo si mostra irriducibilmete
stagnante. Di fatto, manca una direzione: siamo nella circolarità
manieristica.
Una rivista di tendenza non sembra oggi possibile: il solo effetto, per
chi vi si provasse, sarebbe piuttosto quello di fare una rivista tendenziosa...
Leclettismo invece, altro peccato mortale della filosofia e dellarte,
potrebbe essere il nostro pericolo; ma è un pericolo solo apparente.
La tendenziosità e leclettismo, infatti la passione
esclusiva della prima e lassenza di passione dellaltro ,
postulano tutte due una coazione... Mentre la riflessione è
lantagonista elettiva, e un sicuro antidoto, di ogni coazione.
Una delle prima conseguenze che questo criterio del confronto porta con
sé e va richiamata poiché tocca un problema che una
rivista oggi non può non sentire è labolizione
delle distinzioni generazionali.
Le riviste che pubblicano solo autori giovani non sono daltra parte
riviste di tendenza: non seguono infatti un criterio estetico, ma un criterio
anagrafico. Una rivista che pubblicasse, per dire, solo scrittori nati
a Mestre, sarebbe certo una rivista molto caratterizzata, ma sarebbe anche
una rivista molto locale...
Lasciamo allora questi due concetti, e la relativa terminologia (vecchia
generazione, nuove leve, ultimissime leve...) allippica e allesercito.
La questione tuttavia è complessa, e pretende, ovviamente, scelte
meditate e attente dosature. In questo nostro progetto sono così
altrettanto essenziali gli scrittori del passato come i contemporanei
di altre lingue.
Cè dunque unoperazione che abbiamo davanti e ci attrae
e che consiste non diremo nel «rimescolare le carte», ma nel
disporle in un ordine diverso... Ma forse non si tratta neppure di questo,
quanto invece di stabilire nuove polarità; far ripartire le navi
bene equipaggiate e per rotte sicure se mai sarà possibile...
Insomma, facciamo quel che oggi ci è consentito: preparativi di
viaggio.
Si dice anche, nelleditoriale: «Poniamo con tranquillità
un nostro postulato: la poesia come forma di conoscenza».
Ora, qui si parla sempre di poesia: è vero che la redazione è
costituita in prevalenza da poeti, e che la poesia inevitabilmente è,
come si dice, al centro dei nostri interessi; ma, come si è visto
e si vedrà, le pagine di prosa non sono poche: il racconto in specie,
la prosa nella misura del racconto, cinteressa molto, e non meno
la saggistica che è in verità il cuore segreto della
rivista, poiché, anche attraverso la sua mediazione si può
operare quel confronto con altre forme di conoscenza arte, filosofia,
religione che ancora leditoriale annunciava.
Cosa vuol dire, allora: «la poesia come forma di conoscenza»?
Vuol dire che intendiamo rivendicare alla poesia quella funzione conoscitiva
da cui sembra ormai essere stata esautorata. Una funzione conoscitiva
che si attua attraverso quei mezzi che le sono propri: limmagine,
la metafora, lanalogia, la stessa rima... I quali sono, è
noto, i più antichi, e non per questo decaduti e inservibili, mezzi
di conoscenza.
E vuol dire, allo stesso tempo, che la poesia, e in genere la letteratura,
dopo il travaglio formalistico in cui si è andata estenuando da
almeno un ventennio e in questo in linea con una certa tradizione
italiana , deve ricollegarsi a un processo di pensiero più
generale, irrobustirsi con vigorose meditazioni sui «grandi temi»,
approfittare anche di questo risveglio della filosofia, della riflessione
religiosa; ma non per ingollare il tutto, come è accaduto negli
anni 60, per esempio con la fraseologia e il gergo scientifici,
solo per attualizzarsi...
Ma ora, per finire, è giusto ricordare alcuni versi di Williams,
davvero conclusivi:
è difficile
trarre notizie dalle poesie
eppure gli uomini muoiono miseramente ogni giorno
per mancanza
di ciò che lì si trova.
(Gianfranco Palmery)
«Arsenale», Anno II, Numero Sette-Otto, luglio-dicembre 1986
Numero Nove-Dieci
Archivio
ARTIGLIERIA LEGGERA
Un’idea pigra ed egotista trova spesso voce e credito
in questi tempi: che le riviste letterarie non servono a niente, che se
ne fanno troppe, ecc. Bisognerà ancora ricordare che la letteratura
moderna è stata fatta sulle riviste?
«L’intera tendenza dell’epoca è difesa dalla
Rivista», è stato scritto; e come non riconoscere che l’asserzione
vale tuttora? Le riviste rappresentano bene la rapidità del pensiero,
l’essenzialità della misura breve, il molteplice e il contraddittorio
del tempo. Per non dire che permettono – o permetterebbero, se non
fossero stoltamente sottovalutate e trascurate – all’autore
una verifica del proprio lavoro più rapida di quella che consente
il libro, e al frettoloso lettore contemporaneo un istruttivo colpo d’occhio,
o sguardo d’insieme, su quanto si va facendo... Esse sono, per citare
ancora Edgar Poe, grande fautore e facitore di riviste, «l’artiglieria
leggera dell’intelletto» – e dovrebbe essere evidente
per tutti come possano essere importanti le loro qualità di mobilità
e fervore: ma certo del tutto inermi contro le roccheforti dell’indifferenza
e dell’affarismo...
Tuttavia, è vero: la crescita numerica non è
conferma della loro importanza.
«Troppe non possiamo averne, come proposizione generale; ma noi
domandiamo che abbiano merito sufficiente da rendersi notevoli al principio
e che continuino in un’esistenza sufficientemente lunga per permettersi
una bella estinzione del loro valore».
La polemica e la riflessione: ovvero, la rivista di tendenza
e la rivista di confronto. Solo nella parzialità polemica o nella
meditazione critica si esprime un’idea non servile di letteratura.
Il resto è imbonimento.
Al di là dei testi di saggistica o di critica
letteraria, quale contributo porta una rivista alla riflessione del suo
tempo? In altre parole, quando non è varietà o vetrina,
non è forse una rivista, nelle scelte che opera – e propone
–, critica in atto – o critica realizzata?
La rivista come serra, seminario. Non una scelta di esempi,
ma un’attenta coltivazione esemplare.
Una rivista può essere uno specchio (strumento
di riflessione) o può essere una lama (arnese di possibile afflizione);
chi vorrà stabilire una gerarchia di valore tra uno specchio e
una spada (o un più domestico coltello)?
Uno specchio in frantumi può essere una lama.
Molte delle riviste di tendenza del secondo Novecento non sono state che
questo – non vere lame, ma schegge di specchio impudentemente impugnate:
gesti d’un narcisismo fintamente guerriero, vanità subdole
e differite.
Ma cos’è una rivista di tendenza? Le riviste
di tendenza non esistono né sono mai esistite. La sola rivista
di tendenza possibile è quella fatta da una sola persona –
Kraus, Kierkegaard...
Le riviste che si dicono di tendenza si distinguono in realtà per
furiose discordie interne, che ne denunciano la difformità degli
intenti e svelano il carattere del tutto precario della loro aggregazione.
E anzi queste lotte e stragi implacabili di tutti contro tutti, che avvengono
all’interno, sono il prezzo pagato per mantenere la labile uniformità
che appare all’esterno, e che altro non è che il risultato
occulto della temporanea vittoria di uno su tutti gli altri: vedi, per
tutti, i surrealisti e Breton, le sue liste di proscrizione, le esecuzioni
sommarie, ecc.
Un gruppo di persone alquanto disparate, che reciprocamente
e variamente si disistimano, e fatuamente confabulando sparlano l’una
dell’altra e tutte insieme di chi si trova a unificarne i propositi:
i quali non hanno molto a che fare con l’idea di una rivista come
impresa letteraria, quanto piuttosto come presa, o conferma, di potere,
esercizio politico, favore mondano... Così la temperie morale in
cui tutte si trovano immerse è: trascurataggine e discordia.
Anche in questo modo può accadere che viva una rivista; e tuttavia,
talvolta, vigorosamente, acquistandosi dei meriti, portando con sé
l’impronta di una distinzione, di un valore. Come uno di quei figli
che nascono in una famiglia indegna, eppure rivelano subito, miracolosamente,
qualcosa di speciale – un segno; forse perché qualcuno, segretamente,
veglia su di loro, li accudisce notturnamente con un amore dissimulato.
Il pregiudizio della rivista di parte, per superstizione
dell’ideologia.
Le riviste di forte impianto ideologico hanno sempre soffocato il progetto
letterario, poiché scambiano il fine col mezzo.
La mancanza di faziosità non esclude il progetto
– lo protegge.
Quando il progetto segue la necessità genera opere.
Quando il progetto surroga la necessità produce ricette.
La rivista-laboratorio: lo sviante rifugio dell’angoscia
manieristica che non sa riconoscersi. Per quanto possa variare nel tempo
le sue specialità (chimica, meccanica, chirurgia obituaria...),
essa rappresenta l’eterno formalismo senza pensiero in cui si estenua
la poesia italiana.
Cosa conferisce a una rivista il suo potere magnetico,
polare?
Avere uno scopo anteriore: non essere un luogo di concrezione di testi
vari, ma uno spazio di risonanza spirituale; stare nel tempo, ma lontano
dalle sirene dell’attualità. Le riviste attualiste sono come
le attardate: morte gore della letteratura; l’attualità è
per i quotidiani e i rotocalchi – i luoghi dello spreco del talento
–: una rivista letteraria sarà il luogo della custodia e
dell’accumulo, e il riparo «per il talento futuro» (Copeau).
(Gianfranco Palmery)
«Arsenale», Anno III, Numero Nove-Dieci, gennaio-giugno 1987
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