IL LABIRINTO
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Autoritratti senza lo specchio

di Nancy Watkins

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Autoritratti senza lo specchio

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Nancy Watkins

 

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Collana I Raggi

Nancy Watkins
Autoritratti senza lo specchio
con testi di Valerio Magrelli e Domenico Vuoto
1985 Pagine 48 Euro 10,00

Prima edizione di cinquecento esemplari numerati

ISBN 978->88-89299-01-2

Nancy Watkins Autoritratti senza lo specchio

In questi disegni l’occhio è restituito alla virtù dei suoi limiti: privato del sussidio dello specchio (finora inseparato dalla pratica dell’autoritratto, sia nella tradizione canonica che in quella estravagante, diciamo da Parmigianino a Escher), è posto con ironia e determinazione alla prova. Se «il più spirituale dei sensi non può vedere se stesso, uscendo da se stesso» (qui si riferisce Shakespeare, ma le variazioni innumerevoli del tema lo provano luogo esemplare del problema della conoscenza), perché non saggiare tutto il potere di questa impossibilità?
Esclusa la riflessione, giacché ne è escluso lo strumento, lo specchio, (in realtà, si potrebbe dire, presupposto al punto di poterne fare a meno), l’osservazione di sè resta affidata alla flessione dell’occhio sul corpo dell’osservatore. Osservazione inevitabilmente ellittica, poiché postulando il ritorno a uno sguardo anteriore – anteriore alla coscienza del suo osservare, o piuttosto alla rappresentazione di questo, al visus – l’occhio sembra poter solo circoscriversi strenuamente in un panorama paradossale.
Ma questo corpo decipite, che i sedici autoritratti ci propongono, in piedi o disteso, che compie la sua opera o si distrae o riposa, non è che il corpo umano per se stesso, immagine solitaria non vista e non riflessa; così come le prospettive inquietanti che ne scaturiscono, all’apparenza deformi per artificio, sono quelle, familiari, che l’abitudine ci nasconde, mentre campeggiano nel nostro orizzonte più prossimo e quotidiano.
Che poi lo sguardo anteriore coincida con uno sguardo ulteriore, proprio dell’occhio, cioè, che si avvale di una specularità ormai trasferita in sé, sua intrinseca – sono lì a suggerirlo i riferimenti speculari interni ai disegni (si vedano il IX, l’XI o l’ultimo, nella sua conclusa e contraddittoria circolarità) o quelli che, più elusivi, corrono da disegno a disegno (in particolare tra il III e il IX, o tra il XIII e il XIV...), e che insieme instaurano una sorta di sistema riflessivo, riconoscibile nell’opera singola come nell’intera sequenza.
Va da sé che di tale sistema non è parte lo specchio: anche dove è raffigurato e riflette, esso non riflette, infatti, che una visione già avvenuta o che avviene senza il suo tramite, e della quale è, pertanto, appena il cieco testimone. Oggetto tra gli altri, lo specchio testimonia, in verità, solo la propria esautorazione. Soggetto attivo e unico della riflessione non è dunque che l’occhio, il quale gioca l’impossibilità di vedere se stesso in una successione di rinvii: gli atti differiti, appunto, del vedersi vedere; riuscendo così a fare dell’esercizio cui è stato chiamato – queste ardue e all’apparenza del tutto ginniche flessioni sulla figura – una serrata e astratta riflessione sulla visione.
Parallelamente, come meditazioni in scorcio sulla visione e sul punto di vista si configurano gli scritti che affiancano i disegni. Repertorio ragionato di «inganni dipinti», in Panorami e paradossi si dà conto di famose esplorazioni in quelle zone di limite dove natura e artificio confluiscono o entrano in conflitto; per una nuova epoca dell’occhio, che riconsegni all’ombra il suo pregio, si fanno voti invece nelle ironiche moralità di Sguardi. In entrambi i testi, l’inganno e l’ombra appaiono non gli eterni oppositori della verità e della luce, bensì, quali sono, guide d’eccezione ad una compiuta scienza del vedere.

 

Recensioni

NANCY WATKINS SENZA SPECCHIO

di Attilio Lolini

Le edizioni Il Labirinto che pubblicano la rivista «Arsenale», hanno dato il via con questo Autoritratti senza lo specchio di Nancy Watkins a I Raggi, una collezione d’arte dove sono pubblicate opere grafiche in sequenze tematicamente unitarie, di artisti contemporanei. Disegni e incisioni sono accompagnati con testi brevi: prose saggistiche e narrative che toccano, sia pure in modi diversi, temi affini con l’intenzione dichiarata di escludere in ogni modo illustrazioni reciproche.
Il progetto è molto bello e il primo volumetto, che ripropone un lavoro editoriale d’altri tempi non come nostalgia ma quasi come sfida all’imperante bruttezza dei libri in serie, oltre ai disegni di Watkins comprende anche due scritti rispettivamente di Valerio Magrelli e Domenico Vuoto.
I sedici disegni a china di Nancy Watkins sono da «leggere» come poemi sul tema dell’impossibilità di guardarsi: quasi dei «sonetti» tanto sono delicati e preziosi gli equilibri che ribaltano.
Nel suo scritto Panorami e paradossi Valerio Magrelli disserta a lungo su quella che potrebbe chiamarsi la «riflessione sulla struttura della visione», mentre Domenico Vuoto in brevi paragrafi intitolati Sguardi, con appropriate compiacenze letterarie dichiara subito l’impossibilità di compilare, appunto, una qualsiasi grammatica degli sguardi. Ma è pur sempre possibile sentir parlare gli sguardi, ascoltarli, rintracciandone l’eco perdurante delle parole.

«Il Manifesto», 6 marzo 1986

 

Edizioni Il Labirinto