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L’osservatorio

di Francesco Dalessandro

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Francesco Dalessandro

 

Dello stesso autore

Lezioni di respiro

La salvezza

Ore dorate

Recensioni del libro L’osservatorio di Francesco Dalessandro

 

PER FRANCESCO DALESSANDRO

di Attilio Bertolucci

[…] Dalessandro inizia il suo lungo, filato, continuo canto, invocando la Musa (stupendo, provocatorio richiamo della negletta), chiedendole di tornare. Ma dove? Sulla sua «mortale città»: ed enumera, il poeta, le stagioni, le ore, i luoghi della sua vita quotidiana, con tanti nomi della topografia cittadina, entrati nel verso «liquido che fluisce naturale», accogliendo ogni cosa, dall’ingorgo stradale alle ore «tutte d’incanto», con quell’imparzialità che è giusta, giustissima nel poeta. Guai all’idilliaco lodatore e all’iracondo fustigatore. Significa non poco che la Musa sia tornata e abbia protetto il poeta dai pericoli di cui sopra. concedendogli il dono di questo lunghissimo, echeggiante assolo che ci prende all’incipit al finale in minore, senza stancarlo, senza stancarci mai.
Non dovevo stendere sia pure un abbozzo di discorso critico: ma chi lo sa fare ormai, e non invidio i veri poeti, e lo è Dalessandro, che si trovano a vivere inermi in questa confusione d’oggi. Memore, io, di un tempo in cui, a me poco più che ventenne, accadde, avendo pubblicato un piccolo libro di versi, di venir riconosciuto su riviste importanti da un Eugenio Montale, da un Sergio Solmi… Ma com’è difficile farsi riconoscere nella folla di questi anni, dico la folla letteraria, e l’alluvione libraria e l’intrusione dei mass media. Volevo non abbozzare un discorso critico (forse non ne sono capace, e chi lo è, con gli strumenti critici che si fanno obsoleti in una stagione) ma salutare un poeta che con discrezione, ma anche con coraggio, ha riaffermato una fiducia attiva nella poesia, il cui frutto integro, godibile (finalmente) è L’osservatorio che stiamo festeggiando nel cuore pulsante della città che lo ha adottato e lui, amandola-odiandola, ha (è permesso dirlo) cantato.

Presentazione de L’osservatorio, presso la galleria La Nuova Pesa, febbraio 1990


L’OSSERVATORIO DI FRANCESCO DALESSANDRO

di Marco Caporali

[…] Autore che da anni lavora in solitaria e lontano da cordate, Dalessandro ha messo in atto un meccanismo narrativo che a partire dagli esempi prossimi di Bertolucci e Pasolini se ne distanzia per straordinarie franchezza espressiva e generosità ritmica, con un trasporto molto poco occidentale e tendente a una preghiera che l’assenza di Dio determina, quasi che l’invocazione onirica fosse l’unico mezzo per tornare in possesso delle origini terremotate di una natura metropolitana, esemplare e condivisibile. La poesia di Dalessandro coglie momenti inusuali perché poco indagati (il titolo stesso dall’immediato referente dell’osservatorio di Monte Mario per «delirio d’immobilità» si muta in itinerante punto di vista), disegna stati d’animo e fissa la sua cinepresa su universi interiori non ancora dissolti nell’usuale sentire. Contano luoghi e persone e il mondo esterno esiste per geografie interiori, per allegoriche topografie.

«L’Unità», 10 febbraio 1990

 

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